La carta e le carte truccate

referendumNemmeno il terremoto può fermare la macchina referendaria:‭ ‬il tormentone che ci affligge da mesi continua imperterrito.‭ ‬Anzi il terremoto può fornire un’ottima occasione per dimostrare il valore di questo governo e del suo leader maximo e ridurre la componente politica sulle scelte dei votanti a vantaggio di quella emozionale.
E‭’ ‬infatti indubbio che la cassa di risonanza mediatica sul protagonismo di Renzi e‭ ‬soci nell’affrontare la tragicità degli effetti del terremoto sulla vita delle popolazioni colpite avrà un impatto sulla valutazione complessiva del governo‭; ‬fatto questo non indifferente se consideriamo che dai sondaggi‭ (‬con tutti i distinguo del caso‭) ‬risulterebbe che se un terzo dell’elettorato è a conoscenza del significato dei quesiti referendari‭ – ‬e quindi voterebbe a ragion veduta‭ – ‬ben due terzi ne è all’oscuro,‭ ‬o per disinteresse,‭ ‬o per rifiuto cosciente,‭ ‬o per la complessità della materia,‭ ‬e quindi voterebbe‭ – ‬sic et simpliciter‭ – ‬su Renzi ed il suo governo.‭ ‬D’altronde è lo stesso Renzi‭ ‬che ha operato in questa direzione mettendo il suo corpo,‭ ‬il suo futuro direttamente in gioco promettendo la sua uscita dalla scena politica in caso di sconfitta.
Con il dilemma‭ ‘‬o con me o contro di me‭’ ‬Renzi porta all’apice il ragionamento su cosa sia il meno peggio proponendosi come l’unico possibile salvatore della patria,‭ ‬l’innovatore in grado di fare ripartire il paese.‭ ‬Un film già visto,‭ ‬con Craxi,‭ ‬Berlusconi,‭ ‬e tanti altri attori consumati e ormai consunti.
La partita,‭ ‬per Renzi,‭ ‬è impegnativa e va giocata su più fronti.‭ ‬Avere la maggioranza del partito con se e‭ ‬registrare che la maggioranza dei deputati del PD è legata al suo oppositore interno Bersani,‭ ‬non rende il gioco facile‭; ‬così come vedere tutta l’opposizione istituzionale‭ (‬e non solo‭) ‬coalizzata contro di se impone a Renzi di doversi inventare quanto più di fantasmagorico ci sia‭ – ‬mance elettorali comprese‭ ‬-‭ ‬per vincere la singolar tenzone.
Eppure i giochi sembravano fatti.‭ ‬Con la ristrutturazione del Senato si vuole portare a maturazione il dibattito che ha attraversato il ceto politico di questo paese per decenni‭ ‬-‭ ‬vedi le proposte di presidenzialismo e di monocameralismo avanzate a più riprese‭ – ‬e che puntava,‭ ‬con accelerazioni più o meno variabili,‭ ‬al rafforzamento dell’esecutivo e alla riduzione dei soggetti politici in gioco.
Gli sbarramenti elettorali,‭ ‬i premi di maggioranza,‭ ‬le alchimie sui collegi elettorali,‭ ‬eccetera sono stati gli espedienti messi in campo per ottenere questo risultato:‭ ‬costringere all’accorpamento i partiti più piccoli,‭ ‬favorire il sorgere di due schieramenti più o meno contrapposti,‭ ‬assicurare la governabilità sempre e comunque.‭ ‬La decretazione d’urgenza,‭ ‬l’ingerenza del Presidente della Repubblica,‭ ‬il trasformismo eclatante hanno fatto il resto riducendo il Parlamento a semplice comprimario di scelte operate altrove,‭ ‬nei corridoi animati dai lobbisti di ogni specie,‭ ‬oppure a palcoscenico degli spettacolini di un’opposizione in cerca di visibilità.
E‭’ ‬un progetto questo che ha molti progenitori,‭ ‬addirittura c’è chi ricorda il‭ ‘‬Piano per la rinascita nazionale‭’ ‬del venerabile maestro Licio Gelli,‭ ‬animatore di quella Loggia P2,‭ ‬menzionata recentemente per l’impegno profuso nel combatterla da Tina Anselmi,‭ ‬utilizzata opportunisticamente dal‭ ‘‬premier‭’ ‬per il suo spessore democratico sociale.
La trasformazione del Senato secondo le linee della riforma Boschi,‭ ‬in accoppiata con la legge elettorale recentemente approvata,‭ ‬l’Italicum,‭ ‬concluderebbe il percorso tracciato,‭ ‬snellendo i tempi e le procedure legislative‭ – ‬anche se oggi la quantità delle leggi approvate ha pochi eguali nei paesi a democrazia parlamentare‭ – ‬e conferendo al governo in carica un gigantesco potere d’indirizzo,‭ ‬dopo aver demolito l’autonomia regionale a favore di una ri-centralizzazione statale.
In un contesto nel quale la partita politica si giocava in due,‭ ‬come era la situazione fino all’irrompere sulla scena di un‭ ‬terzo incomodo,‭ ‬il Movimento‭ ‬5‭ ‬stelle,‭ ‬questo rafforzamento era comunque funzionale ad entrambi,‭ ‬in un contesto nel quale le politiche sostanziali poco differiscono le une dalle altre,‭ ‬condizionate come sono dagli scenari internazionali,‭ ‬dalle burocrazie europee,‭ ‬dal controllo della NATO,‭ ‬dalle dinamiche del capitale.
La presenza del terzo incomodo ha mescolato le carte in tavola‭; ‬la possibilità che possa vincere le prossime elezioni e prendere nelle proprie mani le leve del governo inquieta fortemente gli assetti tradizionali del potere,‭ ‬preoccupati dalla natura trasversale del movimento,‭ ‬ancora poco noto ai più,‭ ‬se non per la sua massa critica,‭ ‬il suo portato populista e legalista,‭ ‬il suo antieuropeismo.‭ ‬L’irrompere della variabile pentastellata sulla scena,‭ ‬costringe la casta a riformulare i propri assetti,‭ ‬a riconquistare il palcoscenico dello spettacolo politicista riproponendosi come garante degli interessi settoriali del paese.‭ ‬Lo scontro si fa via via più acceso,‭ ‬tra modernizzatori fedeli esecutori degli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi aziendali che chiedono meno burocrazia,‭ ‬tempi certi della giustizia,‭ ‬snellimento generale delle pratiche e dei controlli,‭ ‬e difensori dello status quo,‭ ‬delle rendite di posizione,‭ ‬delle logiche clientelari e familistiche.‭ ‬In un contesto dove populisti euroscettici cercano di coniugare il consenso territoriale costruito sul tema della‭ ‘‬piccola patria‭’ ‬con‭ ‬la difesa della‭ ‘‬razza‭’ ‬italica a fronte del processo migratorio in corso.‭ ‬Dove si parla e straparla di un‭ ‘‬patto per la crescita‭’ ‬tra governo,‭ ‬imprese e sindacato,‭ ‬condizionato da un SI che aprirebbe le porte agli ambiti investimenti internazionali‭ (‬e conseguentemente alla svendita del patrimonio italico‭)‬,‭ ‬e contrastato da un NO che vorrebbe la riapertura del mercato ministeriale delle poltrone conseguente alla prevedibile caduta del governo.‭
La natura dello scontro tra le varie frazioni della borghesia e della classe dirigente del paese appare sempre più chiaro,‭ ‬solo a volerlo vedere.
Non c’era alcun disaccordo sostanziale quando si è trattato di modificare la costituzione introducendo,‭ ‬tra i suoi articoli,‭ ‬l’obbligo della parità di bilancio:‭ ‬tanto,‭ ‬male che vada,‭ ‬i suoi costi vengono scaricati sui lavoratori e sulla povera gente.
Il disaccordo sorge quando un settore vuole imporre un’accelerazione nel cambiamento in corso,‭ ‬spostando decisamente l’asse del potere a favore dello schieramento della modernizzazione ipercapitalista e globalizzatrice.‭ ‬Basta vedere chi sono i sostenitori della riforma:‭ ‬Confindustria,‭ ‬la grande finanza,‭ ‬le Banche,‭ ‬la classe dirigente internazionale da Obama alla Merkel,‭ ‬eccetera che con minacce e lusinghe operano sfacciatamente a favore di Renzi,‭ ‬un presidente del consiglio mai eletto,‭ ‬imposto da un presidente della repubblica che ha travalicato ogni suo limite,‭ ‬sanzionato solamente dal successo del suo partito in una elezione ininfluente come quella per il parlamento europeo.
Che bisogno c’è di cambiare la costituzione,‭ ‬quando la costituzione materiale,‭ ‬quella fatta di cose concrete per la vita delle persone‭ – ‬non quella formale,‭ ‬idealizzata,‭ ‘‬nata‭’ ‬dalla Resistenza‭ ‬-‭ ‬ha consentito negli anni lo sviluppo di politiche di impoverimento della popolazione,‭ ‬di aggressione militare ad altri paesi,‭ ‬di attacco al mondo del lavoro,‭ ‬di arricchimento indecente per la classi privilegiate,‭ ‬di progressiva liquidazione del sistema di protezione sociale,‭ ‬dalla sanità all’assistenza‭?
Evidentemente tutto questo non basta.‭ ‬La crescente competizione per l’accaparramento delle risorse,‭ ‬la continua e accelerata necessità di valorizzazione del capitale spingono verso l’amplificazione dei conflitti,‭ ‬sia aperti in forma di guerra sia sotterranei in forma di condizionamenti e ricatti.
Questo impone alle classi dirigenti,‭ ‬dominanti nello stesso schieramento borghese,‭ ‬di trovare assetti di potere più confacenti alle loro esigenze.‭ ‬Da qui i cambiamenti strutturali in corso,‭ ‬in Italia come altrove,‭ ‬per adeguare la macchina statale alle nuove incombenze.
La chiamata alle armi per l’affermazione del SI nel prossimo referendum istituzionale non è solo un passo necessario legato alle procedure di modifica costituzionale,‭ ‬ma è anche il tentativo di legare il più possibile al governo il favore popolare,‭ ‬oggi come oggi,‭ ‬particolarmente necessario in vista delle sfide che ci aspettano.
E‭’ ‬necessario quindi che anche in questa scadenza ci si mobiliti per mostrare la vera portata della partita in gioco,‭ ‬gli scenari e le ricadute che ci si prospetteranno se non si svilupperà una vera opposizione.
Vera opposizione,‭ ‬dunque,‭ ‬che significa ripresa del conflitto sociale su larga scala,‭ ‬azione diretta di massa,‭ ‬mobilitazione del mondo del lavoro,‭ ‬riappropriazione e controllo territoriale,‭ ‬rilancio della solidarietà internazionalista,‭ ‬superamento dei confini,‭ ‬pratiche di accoglienza reale dei profughi,‭ ‬antimilitarismo.
Al di fuori di questo quale potrebbe essere un’opposizione in grado di mettere i bastoni tra le ruote dei manovratori‭? ‬Non certo quella che si muove su un piano formale come quello della difesa della Costituzione nata dalla Resistenza.‭ ‬Al di la della retorica‭ ‬-‭ ‬che in realtà offende il partigianato,‭ ‬soprattutto nella sua componente sovversiva e rivoluzionaria‭ – ‬occorre ricordare che la Costituzione‭ ‬è nata dalla mediazione tra Democratici Cristiani,‭ ‬Comunisti,‭ ‬Socialisti e Liberali i quali ben si guardarono di fissare norme chiare e nette che potessero essere utilizzate dagli uni contro gli altri.‭ ‬Risultato:‭ ‬le più alte aspirazioni contenute nella Carta‭ – ‬che la rendono per alcuni la più bella del mondo‭ – ‬sono sempre risultate disattese,‭ ‬foglie di fico di un potere sempre arrogante e accaparratore.‭ ‬Solo ampi movimenti popolari,‭ ‬espressione di bisogni e volontà collettive,‭ ‬sono riusciti a modificare,‭ ‬nel tempo,‭ ‬gli assetti di potere,‭ ‬le strutture giuridiche e politiche del paese,‭ ‬non certo una mobilitazione di carta giocata sulla Carta.
Ricordando le frustrazioni seguite ai referendum vinti sull’onda di mobilitazioni significative e importanti,‭ ‬come quello contro la privatizzazione dell’acqua,‭ ‬o di battaglie di opinione come quello sul finanziamento pubblico ai partiti,‭ ‬ma vanificati dalle furberie della casta,‭ ‬i sinceri oppositori della riforma dovrebbero attenersi ad una visione realistica delle cose.
La vittoria del NO rappresenterebbe semplicemente un rallentamento dei processi in corso e probabilmente una rimessa in discussione degli equilibri governativi,‭ ‬ma a vantaggio di chi‭? ‬Qualcuno sosteneva un tempo‭ ‘‬grande è la confusione sotto il cielo:‭ ‬la situazione è eccellente‭’‬.‭ ‬Ma oggi è così‭? ‬Esiste un movimento reale in grado di essere protagonista nella crisi governativa e di imporre la propria agenda di trasformazione sulle cose che contano:‭ ‬salario,‭ ‬lavoro,‭ ‬casa,‭ ‬salute,‭ ‬scuola,‭ ‬guerra,‭ ‬immigrazione,‭ ‬ambiente,‭ ‬libertà individuali e collettive‭?
Oppure prevarrà la politica politicante,‭ ‬fatta sempre di deleghe,‭ ‬di capetti ambiziosi,‭ ‬di prevaricazioni e di corruttele‭?
La partecipazione alla campagna per il NO in realtà continua a rimanere nel solco della politica delegata,‭ ‬della fiducia nei meccanismi della democrazia parlamentare,‭ ‬sperando di rosicchiare margini di manovra all’interno della più generale crisi di sistema.
Il‭ ‘‬NO Sociale‭’ ‬non sfugge a questa condizione,‭ ‬anche se‭ ‬le sue parole d’ordine puntano sulla possibilità di sviluppare una stagione di lotta a partire proprio dalla vittoria del NO.‭ ‬Non è la prima volta che si è opera per costruire un fronte di tutte le opposizioni sociali che metta insieme le espressioni più varie della conflittualità sociale,‭ ‬da quelle dell’autorganizzazione a quelle che hanno nelle pratiche delegate la loro sostanza,‭ ‬per farle convergere sul piano di una lotta che di fatto è tutta interna ai meccanismi istituzionali,‭ ‬avendo tra l’altro come‭ ‘‬cobelligeranti‭’ ‬le espressioni più becere della destra che ne annacquano la portata.‭ ‬I risultati nel passato si sono visti e credo che si ripeteranno,‭ ‬contribuendo ad un’ulteriore frustrazione complessiva dei soggetti coinvolti,‭ ‬i quali credendo di conseguire un obiettivo significativo in realtà fanno un favore alla nuova casta montante,‭ ‬quella che si ritrova nel Movimento‭ ‬5‭ ‬stelle.
Questo non vuol dire indifferentismo politico‭; ‬non vuol dire che tutte le forme del potere sono eguali‭; ‬sappiamo ben distinguere tra democrazia rappresentativa e dittatura‭; ‬ma una vera battaglia contro le riforme in atto non può oggi assolutamente prescindere dall’assoluta necessità della ripresa del conflitto sociale che non può farsi condizionare da un dibattito che è centrale solo per un ceto politico preoccupato per la propria esistenza.‭ ‬Il‭ ‬contrapporsi tra‭ ‘‬riforma‭’ ‬e‭ ‘‬conservazione‭’ ‬vuole occultare la realtà delle forme di sfruttamento attuali,‭ ‬per favorire un loro‭ ‘‬rinnovamento‭’ ‬in funzione delle esigenze di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’apparato statale alle prese con le emergenze dell’attuale sistema geopolitico mondiale.
Bisogna scegliere:‭ ‬o porsi a difesa di quel che resta della democrazia parlamentare,‭ ‬individuando in essa una residua barriera all’incalzare dell’autoritarismo montante,‭ ‬o imboccare decisamente la strada della lotta,‭ ‬interna ai corpi sociali con tutte le loro potenzialità e contraddizioni,‭ ‬in funzione di un progetto di società altra,‭ ‬da costruire giorno per giorno,‭ ‬fuori da ogni opportunismo politicista.
A fronte di una politica che fa del parlamento e della governabilità il suo centro di interesse occorre contrapporre un pensiero ed un’azione che abbiano il loro punto di riferimento nella capacità di autoorganizzazione popolare‭; ‬occorre contrapporre la proposta e la pratica del comunalismo,‭ ‬libertario e federativo,‭ ‬articolato sul territorio,‭ ‬dal semplice al complesso.
Sfuggire dai meccanismi della democrazia rappresentativa significa entrare nel concreto della critica del concetto stesso di maggioranza e minoranza,‭ ‬significa rifiutare la riproduzione,‭ ‬pura e semplice,‭ ‬dei rituali parlamentari negli stessi organismi rappresentativi dei lavoratori per dare invece prevalenza all’autoorganizzazione,‭ ‬alla lotta,‭ ‬al libero confronto delle idee.
I rapporti di forza si sono sempre modificati con la lotta diretta e la via politica ha sempre rappresentato il disarmo della conflittualità sociale.‭ ‬Con questa consapevolezza ci tiriamo fuori dai ricatti agitati da quanti,‭ ‬a sinistra,‭ ‬sono alle prese con le pulsioni egemoniche di ceti politici trasformisti ed opportunisti,‭ ‬incapaci di produrre politiche realmente alternative,‭ ‬sul terreno economico,‭ ‬dell’occupazione,‭ ‬della riduzione d’orario,‭ ‬del degrado urbano e ambientale,‭ ‬della sanità,‭ ‬della scuola,‭ ‬ecc.‭
Astenersi,‭ ‬non cadere nella trappola delle false alternative e del recupero elettorale,‭ ‬rafforzare le armi della critica intransigente,‭ ‬dell’organizzazione,‭ ‬del protagonismo sociale,‭ ‬dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse,‭ ‬vuol dire porre le basi per un’incisiva azione rivoluzionaria che colpisce,‭ ‬nel parlamentarismo,‭ ‬un sistema di governo che impone leggi e tasse,‭ ‬decise da una cerchia ristretta di privilegiati,‭ ‬indipendentemente ‭ ‬dalla volontà degli elettori.
Astenersi,‭ ‬per gli anarchici,‭ ‬vuol dire manifestare la volontà di non essere governati,‭ ‬vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione,‭ ‬vuol dire volontà di una società di libere associazioni federate.
Massimo Varengo

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